Sentiamo spesso parlare di consistenza catastale e di tutte le “varianti” ad essa collegate: superficie catastale, categoria catastale, rendita catastale.
Si tratta di termini tecnici di non facilissima lettura. In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sul significato di consistenza catastale e sui parametri e le unità di misura utilizzati per calcolarla.
Prima di addentrarci negli aspetti più tecnici della tematica, partiamo dalla definizione di consistenza catastale.
Come facilmente intuibile, la consistenza catastale equivale alla grandezza catastale dell’immobile, che si calcola a partire da un’unità di misura fissata come parametro assoluto.
Il valore della consistenza è un dato necessario per l’attribuzione della rendita catastale dell’immobile e per determinare l’entità delle tasse e delle imposte che gravano sull’immobile stesso.
Il calcolo della consistenza catastale di un’unità immobiliare non può prescindere dalla preliminare individuazione della categoria catastale cui appartiene l’immobile stesso.
Ciascuna delle 5 categorie catastali degli immobili a destinazione ordinaria (gruppi A, B, C, D, E), prevede diverse modalità di calcolo.
Ad esempio, l’unità di misura per il calcolo della consistenza catastale per gli immobili appartenenti al gruppo A (abitazioni civili, uffici, studi professionali, ecc.) è il vano catastale utile; per gli immobili di categoria B (scuole, ospedali, musei, conventi, ecc.) l’unità di misura è il metro cubo, mentre per gli immobili accatastati nel gruppo C (locali commerciali, laboratori, magazzini, tettoie auto, ecc.) il punto di riferimento per il calcolo della consistenza catastale è il metro quadro.
Per gli immobili con categoria catastale A, il calcolo della consistenza viene effettuato sommando tutti i vani, gli accessori e le dipendenze dell’unità immobiliare.
Come accennato, l’unità di misura per il calcolo è il vano catastale utile (o principale).
Viene considerato vano catastale utile uno spazio chiuso da pavimento e soffitto, delimitato da muri, che soddisfi i seguenti due requisiti:
Riguardo al secondo requisito, c’è da specificare che il locale cucina viene considerato vano catastale utile assumendo come requisito non la superficie libera, bensì la presenza di tutti gli impianti tipici della sua destinazione (scarichi, attacchi, fornelli, ecc.).
Per tutti gli altri vani utili è previsto, ai fini del computo generale della consistenza catastale, il rispetto di una superficie minima e una superficie massima, variabile in base alla categoria catastale.
Generalmente, i vani utili vengono calcolati singolarmente fino a circa 25 mq., mentre la metratura eccedente viene inclusa nel calcolo in base ad una formula che vedremo nel proseguo dell’articolo.
Oltre ai vani utili, gli immobili di gruppo A presentano anche una serie di locali accessori che in diversa misura vanno a integrare e completare la funzionalità dell’alloggio.
Gli accessori si distinguono in diretti e complementari.
Sono locali necessari alla funzionalità dell’immobile (piccoli bagni, ripostigli, dispense, corridoi, ingressi, disimpegni, ecc.), che presentano una grandezza inferiore ai parametri di superficie minima dei vani e dunque non possono essere computati in consistenza quali vani utili, ma sono conteggiati come 1/3 di vano utile.
Questi locali vengono conteggiati come 1/4 di vano utile, in quanto non sono strettamente necessari alla funzionalità dell’immobile, ma complementari e integrativi (cantine, soffitte, sottoscala, ecc.).
Le dipendenze (balconi, terrazze, portici) concorrono ad aumentare o diminuire di una percentuale la consistenza complessiva dei vani calcolati in precedenza. Per le stime di aumento o diminuzione della consistenza il tecnico deve valutare la qualità, lo stato e l’ampiezza delle dipendenze dell’immobile. Per discriminare i vani principali da quelli accessori deve invece basarsi sul principio dell’ordinarietà.
Nel calcolare la consistenza catastale di una casa o di un ufficio prendiamo come parametro di riferimento una superficie massima di 25 metri quadri per ciascun vano utile catastale.
Supponendo che il vano abbia una superficie superiore al limite massimo fissato dalla normativa, si dovrà tenere conto dell’eccedenza.
Dalla sua superficie, pertanto, si sottrae il valore del limite massimo e si divide per lo stesso l’eccedenza ottenuta: il risultato andrà aggiunto al vano base.
Il calcolo della consistenza catastale può dunque essere riassunto nella seguente formula: [(mq vano / mq max vano ) – ( mq max vano / mq max vano )].
Al totale ottenuto può essere aggiunto un incremento fino a un massimo del 10%, nel quale è inclusa l’eventuale presenza di spazi comuni quali androne, vano scale, locali tecnici (caldaie, contatori), guardiola, giardini condominiali.
In maniera speculare, al computo totale può essere applicato un decremento fino al 10% nel caso l’immobile presenti una serie di “punti a sfavore”, tra cui soffitti bassi e bagni incompleti o di misura inferiore a quella minima fissata.
Il valore finale, derivato dalla somma delle consistenze catastali di tutti i locali dell’immobile, si arrotonda al mezzo vano.